mercoledì 23 marzo 2011

FDS e Cimino contro il Comma-truffa dello Statuto Siciliano

Se la Lega pensa all'armonizzazione della fiscalità che passi dal superamento della dissonanza tra quella delle regioni autonome (in riferimento ai giochi s'intende) da parte sua l'amministrazione dell'isola propone la sua idea di federalismo.
Michele Cimino, parlamentare regionale siciliano di Forza del Sud, ieri ha presentato un disegno di legge per chiedere per la ripartizione delle entrate tra lo Stato e la Regione l'applicazione della territorialità' dell'imposta che porterebbe nelle casse della Regione siciliana un gettito di miliardi di euro.
"Il disegno di legge che oggi presentiamo - si legge nella relazione di presentazione -vuole modificare l’art.36 dello Statuto speciale sostituendo il secondo comma vigente con il seguente “ sono però riservate allo Stato le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto”; conseguente l’iniziativa oggi promossa mira ad escludere che continuino ad essere riservate allo Stato “le imposte di produzione”. Nel fare ciò si vuole ribadire il principio della territorialità del gettito tributario in virtù del quale si potrebbero determinare nuove e maggiori risorse da destinare allo sviluppo della regione siciliana".
"Nel far ciò - continua la relazione - si ritiene di voler condividere parte della filosofia sottesa al federalismo fiscale che, a sua volta, immagina che “dal sistema della finanza derivata, si passerà gradualmente all’autonomia impositiva ed al criterio dei costi standard: in luogo del finanziamento della spesa storica, che può consentire anche sprechi e inefficienze, si farà riferimento ai costi corrispondenti ad una media buona amministrazione Ci sarà dunque una autonomia di entrata e di spesa di Regioni ed Enti locali. I nuovi tributi garantiranno flessibilità, manovrabilità e territorialità; le amministrazioni più efficienti potranno così ridurre i propri tributi”.


"In un momento in cui ci si avvia verso il federalismo fiscale, il Governo siciliano aveva inserito nel testo della Finanziaria e del Bilancio regionale per il 2010,in via sperimentale, alcune proposte che andavano nella direzione dell’autonomia tributaria sancita dalla legge delega sul federalismo fiscale, già inserite di diritto nello Statuto Speciale della Regione. Queste proposte però sono state impugnate dalla Corte Costituzionale, aprendo così un acceso contenzioso sull’effettivo rispetto delle autonomie rispetto alla nuova legge sul federalismo. Si tratta ad esempio delle tariffe sulle concessioni governative regionali: sostenute proprio in virtù dell’art.36 dello Statuto speciale, dove si dice che “al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi deliberati dalla medesima”, citando per esteso l’articolo dello Statuto.

Anche l’art.37 afferma che: “per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell’accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi”. Un articolo che, tramite l’attribuzione di una quota dell’Irap, tenderebbe a risarcisce in un certo senso la Sicilia dei costi ambientali che derivano dalla presenza di grandi siti industriali nell’Isola. Anch’essa impugnata dallo Stato.

Di fatto, dunque è stata negata autonomia finanziaria alla Regione nonostante il suo Statuto lo permettesse. E di fatto le competenze delle Regioni Speciali sono state comparate a quelle ordinarie. Mentre maggiori competenze e autonomia dovrebbero avere proprio quelle regioni che hanno maggior difficoltà e meno risorse.

A ben guardare, pare che il problema nasca da problemi interpretativi posti dall’art 27 della legge delega, quarto comma, secondo cui a fronte dell’assegnazione di ulteriori nuove funzioni alle regioni a statuto speciale, i decreti legislativi e le norme di attuazione definiranno le modalità di finanziamento aggiuntivo mediante forme di compartecipazione a tributi erariali e alle accise. Questa norma è stato frutto di una battaglia politica sulla destinazione del gettito delle accise. Tra i protagonisti ovviamente la regione Sicilia, in cui si raffina circa il 40% degli oli minerali prodotti in Italia. La spettanza del gettito è condizionata dall’attribuzione di maggiori funzioni. Tuttavia, il testo normativo contiene un inciso che potrebbe creare qualche problema interpretativo. Infatti, la norma citata prevede che le modalità di finanziamento aggiuntivo, attraverso forme di compartecipazione a tributi erariali e alle accise, verranno definite “fatto salvo quanto previsto dalle leggi costituzionali”. Quest’ultima locuzione normativa potrebbe rendere problematica la compartecipazione al gettito delle accise da parte della Sicilia , perchè l’art.36, comma secondo, dello statuto siciliano, riserva allo Stato le imposta di produzione. Lo statuto della Regione Siciliana è norma di rango costituzionale, e , quindi, l’inciso “fatto salvo quanto previsto dalle leggi costituzionali” potrebbe rappresentare un ostacolo alla compartecipazione al gettito delle accise da parte della Sicilia. A questo proposito, alcuni commentatori hanno ritenuto che la riserva contenuta nello statuto impedisce alla Regione Siciliana di essere soggetto attivo delle accise ma non destinatario del gettito delle accise e quindi titolare di diritti di compartecipazione.

La discrasia tra i poteri impositivi riconosciuti alle regioni a statuto ordinario e quelli riconosciuti alle regioni a statuto speciale è uno dei profili critici nell’attuazione del profilo federalista. Per regioni quali la Sicilia e la Sardegna, di certo non ricche come il Friuli Venezia Giulia, il Trentino e la Val D’Aosta, entrano in gioco nella discussione sul federalismo temi quali la condizione economicamente svantaggiata e l’insularità, oltre all’autonomia statutaria.

Le questioni che ne scaturiscono sono tante. Ad esempio: la Sicilia potrà godere dei fondi di perequazione e mantenere il diritto sancito dall’articolo 38 dello Statuto, secondo cui “Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nella esecuzione di lavori pubblici?”. Una somma sancita dalla Statuto siciliano che tende a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto alla media nazionale.

Inoltre, in quale nuovo contesto verranno prese le decisioni sulla definizione dei rapporti finanziari tra stato e regioni a statuto speciale? Nell’ambito di un “Tavolo di confronto tra governo e regioni autonome, come nella soluzione adottata con un emendamento approvato al disegno di legge delega elaborato dai ministri Fitto e Calderoli”, seppur “in intesa con i presidenti delle Regioni speciali” o secondo le prerogative Statutarie, in sede di Commissione paritetica .E poi, come verrà definito il patto di convergenza tra le regioni autonome e ordinarie nella definizione di costi e fabbisogni standard per i servizi?

In sintesi, nell’ambito di un riallineamento delle competenze di spesa e finanziamento tra Regioni e Stato, come si armonizzerà la riforma federalista con gli Statuti speciali delle Regioni autonome? Al momento vengono alla luce contrasti e ostacoli al pieno esercizio delle funzioni delle Regioni a Statuto Speciale. Ma facciamo in breve il punto.

Le regioni a statuto speciale sono state oggetto di norme ad hoc nella legge delega sul federalismo fiscale. Ad esse si applicheranno esclusivamente l’art.15 relativo alle città metropolitane, l’art.22 relativo alla perequazione infrastrutturale e l’art.27 che disciplina il coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. In particolare su quest’ultimo punto, c’è da dire che le regioni a statuto speciale sono tenute al pari di quelle ordinarie a rispettare gli obiettivi di perequazione e di solidarietà nell’esercizio dei diritti e dei doveri, nonchè al graduale superamento della spesa storica. Nell’ambito del passaggio dalla spesa storica ai costi standard, si prevede inoltre la rilevanza di alcuni svantaggi strutturali permanenti di cui si dovrà tenere conto. Si prevede anche che le norme di attuazione degli statuti dovranno definire i principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario con riferimento alla potestà legislativa attribuita dai rispettivi statuti alle regioni a statuto speciale. Il coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale sarà affidato alle norme di attuazione degli statuti che costituiscono una forma di legislazione concordata, deliberata da una commissione paritetica in cui si siedono rappresentanti dello Stato e della regione interessata. Tuttavia, è stato osservato, che le commissioni paritetiche operano all’interno di una serie di vincoli che lascia immaginare una tendenziale uniformità di trattamento fra le regioni ordinarie e a statuto speciale. Sempre nell’art.27 è contenuto un importante riferimento all’insularità, riconosciuta dalla politica comunitaria e dall’art.158 (comma secondo), del trattato CE, come di per sé svantaggiante.

Infatti, è proprio da tale condizione che spesso dipendono i maggiori costi sia per le imprese che per i cittadini residenti nelle isole. Questi disagi dovrebbero essere compensati secondo un calcolo dei costi aggiuntivi. Si fa riferimento al costo dei trasporti, ad esempio.

Sull’onda delle incertezze di certo non promettono bene le parole del ministro Brunetta alla vigilia della riforma federale: «Tutte le Regioni italiane – ha precisato – saranno speciali, non ci saranno più privilegi». «Le Regioni a Statuto speciale – ha affermato Brunetta – sono istituzioni della Repubblica che per 50-60 anni hanno chi bene chi meno bene goduto di un vantaggio finanziario. Molti l’hanno usato bene, altri meno bene. Con il federalismo e il federalismo fiscale che stiamo realizzando avremo tutte regioni a statuto speciale. Si giocherà non più sui trasferimenti maggiori, ma sull’efficienza, la qualità, la trasparenza, la produttività.”

Da tutte queste considerazioni nasce il bisogno di iniziare l’iter normativo per arrivare poi ad avere finalmente la piena attuazione dello Statuto che per noi siciliani finora è stata una truffa e il secondo comma dell’articolo 36 è la norma che ha permesso la truffa.

L’iniziativa oggi promossa muove dall’ articolo 18 dello Statuto speciale vigente e si propone all’Assemblea una proposta di legge costituzionale da approvare secondo quanto previsto dall’art. 138 della Costituzione. Si precisa che non si è inteso applicare l’art. 41 ter, secondo comma, dello Statuto speciale e ciò perché non si intende avviare una modifica dello Statuto applicando “il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali” (art.41, ter, primo comma) senza, però, referendum costituzionale. Attraverso l’art. 18 è possibile approvare una legge costituzionale perfettamente rispondente al modello cui oggi è riconducibile il nostro Statuto. Si vuole cioè che le istituzioni della Repubblica e tutti i cittadini abbiano piena consapevolezza della complessità dei rapporti fra Stato e Regione siciliana. È necessario rinvigorire il patto originario e non mortificare la nostra specialità rinunziando alla forma costituzionale.

Articolo unico

L’articolo 36, comma due, dello Statuto speciale della Regione siciliana è sostituito dal seguente comma: Sono però riservate allo Stato le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto”.

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