giovedì 24 febbraio 2011

Giovanni Mercadante un esempio ( in itinere) di malagiustizia.

Giovanni Mercadante dopo quasi 5 anni di detenzione, un processo con relativa condanna a una pena di oltre 10 anni ed un processo di appello con una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste è libero. Per ora. Si! Per ora perché il PM che ne chiese la condanna in primo grado è convinto che le prove erano solide e non ci sta a passare per quello che ha sbagliato. E' convinto infatti che i sentito dire, che le parentele di parte di madre ( con opportuna discriminazione rispetto a quelle di parte paterna, infatti il parente presidente di tribunale non conta rispetto al parente mafioso), che i colleghi universitari di gioventù che hanno preso brutte strade, che la spiccata professionalità in campo medico scientifico, tali da farlo preferire dai mafiosi per la soluzione dei propri problemi di saluti ( come se i mafiosi siano pirla e in caso di bisogno devono optare per cattivi medici ), che il fumus dovuto e conseguenza dell'invidia dei politici e anche dei mafiosi ; ossia che tutto questo costituisce solide prove di colpevolezza.

Ciò potrebbe diventare verità processuale se si riuscisse ad intimorire una corte intera, ma se chi deve giudicare le cosiddette prove, le cerca, le trova e le valuta nella sostanza e con mente libera da preconcetti allora il teorema non regge. Così è stato anche per altri politici come Musotto, Mannino, Andreotti ed altri.
Personalmente, che conosco il professore Mercadante, sia sotto il profilo medico scientifico che sotto quello politico, ( l'ho sempre chiamato prof. E non On essendo il secondo diminutivo rispetto alla sua statura professionale. Chiunque può assurgere al potere se ne ha la fortuna e capita il caso, diversamente per essere un medico di fama conta il merito e non il caso), sono sempre stato convinto , non della sua innocenza, ma dell'impossibilità di essere coinvolto nelle consorterie mafiose o addirittura esserne creatura o punto di riferimento. Il mio convincimento si fonda sulla conoscenza diretta e sulla amicizia che mi lega . Da amico ne conosco pregi e difetti. Mercadante se avrebbe voluto essere un mafioso gli lo avrebbe impedito la sua personalità ed i suoi difetti caratteriali più che la sua storia familiare. Ammesso e non concesso che la mafia avrebbe accolto al suo interno il nipote di un magistrato essendo compensato dal fatto di essere anche nipote di un mafioso l'ostacolo della superbia e dell'arroganza derivante dalla struttura mentale del Barone universitario in campo medico lo avrebbero presto portato alla tomba per mano di compare mafioso che mal avrebbe digerito una sua tipica sfuriata. Detto questo che non ha assolutamente valore oggettivo di innocenza ma è il mio personale convincimento sul carattere e sui valori di Mercadante resta adesso da capire come continuerà questa vicenda giudiziari. I PM presumibilmente si appelleranno, non farlo significherebbe ammettere un errore giudiziario. Mercadante dovrà forse aspettare un paio di anno di processo in cassazione per acquisire “il passato in giudicato” che gli consentire di avviare la procedura presso la Corte europea di giustizia per chiedere il risarcimento per ingiusta detenzione. Arrivato a quel punto ci sarà la prova che il caso Mercadante è stato un caso di malagiustizia con un innocente in galera per 5 anni conquistati in base ad un teorema giudiziari basato sui sentiti dire e sulle intercettazioni di millantatori e volendo proprio non vedere che dinanzi ci si ritrova una persona per bene sottoposto ad indebite pressioni da parte di soggetti mafiosi.
Il teorema chiacchiera chiacchiera che alla fine qualcosa resta non riguarda solo la politica ma anche la magistratura e non dico che esiste una analogia con la sinistra per non riempire di luoghi comuni il post visto che proprio i luoghi comuni possono portare alla privazione della libertà; Mercadante docet.
Il detto dice: chi rompe paga ed i cocci sono suoi. Vero per la maggior parte di casi non vale per i magistrati giudicanti tanto meno per i procuratori. Qui anche nel caso di accertamento dell'errore e il riconoscimento dell'indennizzo per l'ingiusta detenzione i cocci ovvero la vita spezzata resta all'ingiusto detenuto. Giovanni Mercadante è stato distrutto, sul piano politico, professionale, sociale, e della saluta. La sua famiglia pure. I suoi amici anche. Tutto questo non ha prezzo e non sarà mai risarcitorio il fatto che qualcuno paghi. Ciò che è successo a Mercadante semplicemente non dovrebbe succedere mai. La giustizia non può e non deve basarsi su teoremi o altre alchimie. La presunzione di innocenza non esiste nei fatti e ciò che ci vorrebbe prima di portare un uomo in tribunale ci vorrebbe la certezza della colpevolezza a meno di qualche ragionevole dubbio. Nel caso Mercadante abbiamo visto invece esattamente l'opposto. La certezza dell'innocenza e qualche ragionevole dubbio di colpevolezza che qualunque giudice terzo non intimiditili da PM di grido avrebbe serenamente valutato come inconsistente, il tutto senza aspettare 5 anni con l'inquisito in stato di detenzione.
Per il resto tutti coloro che siamo stati vicini personalmente e politicamente , dopo tutti questi anni possiamo finalmente guardare a ragion veduta con disprezzo tutti coloro che presi da animo giustizialisti hanno a noi rimproverato l'avere creduto in una persona per bene.  

2 commenti:

Anonimo ha detto...

in riferimento alla notizia relativa all'assoluzione del prof: Giovanni Mercadante in Corte d'Appello del 21 febbraio u.s., che ha suscitato tanto clamore e meraviglia qui a Palermo, mi permetto di dire la mia opinione, nella speranza che questo mio intervento possa venire pubblicato integralmente per dare dei chiarimenti a tutta la vicenda giudiziaria. Sono innanzitutto un amico personale del professore, sono stato suo collaboratore politico ed ho vissuto questa esperienza anche come testimone nel processo di primo grado. Dopo il blitz “Ghota” del mese di giugno 2006, si vociferava che al prof. Mercadante sarebbe arrivato un avviso di garanzia, ma dopo quasi due mesi, l'11 luglio di quello stesso anno, è stato tratto in arresto con una quindicina di capi di imputazione. Ne elenco alcuni: di fare parte integrante della mafia, di essere una creatura di Bernardo Provenzano, di averlo curato più volte durante la latitanza, di avere vinto il concorso di primario con l'appoggio della mafia, di essere stato eletto consigliere regionale con l'appoggio dei mafiosi, di avere influenzato l'esito del maxi ter di Caltanissetta, di avere aggravato le patologie di mafiosi ricoverati all'ospedale civico con certificazioni mediche false in modo da fare ottenere loro riduzioni di pene ed arresti domiciliari,
di avere raccomandato un medico per un concorso a primario, di avere riciclato soldi di Provenzano all'Angiotac dove espletava la sua professione di radiologo, di avere voluto la morte di uomo che lo aveva offeso negli affetti familiari, di avere curato la moglie del capomafia, di avere proposto la candidatura di un nipote di mafioso al consiglio comunale di Palermo, di essersi adoperato per la sua assunzione: Queste accuse derivavano sia da intercettazioni telefoniche che dalle rivelazioni dei pentiti di mafia Giovanni ed Emanuele Brusca, Nino Giuffrè ed Angelo Siino. Trasferito in diverse carceri tra cui Vibo Valenzia, Bologna ed in alcuni ospedali, a causa delle sue pessime condizioni di salute, trovandosi in pericolo di vita, dal 12 aprile del 2009 ha ottenuto gli arresti domiciliari. Professandosi sempre innocente ed avendo scelto il rito ordinario, è stato giudicato a Palermo in un processo che è iniziato in prima udienza il 18/10/2007 e che si è snodato per ben 50 udienze arrivando a conclusione il 15/07/2009, dopo quasi due anni ed il cambio del Presidente della Corte. Ho seguito tutte le udienze tranne quelle che si sono tenute a Milano, ma di cui ho ascoltato le registrazioni su radio radicale, ho respirato l'aria del processo, interrogando ed ascoltando il parere degli avvocati.
(Continua)

Anonimo ha detto...

Sin dalle prime udienze mi sono convinto che il processo fosse solo indiziario, ma dopo avere ascoltato le testimonianze dei pentiti prima e di Massimo Ciancimino nelle ultime udienze, sono arrivato alla conclusione che il processo da indiziario si era trasformato in “pregiudiziario” fondato cioè solo sul pregiudizio che il prof. Mercadante era mafioso solo perché parente di un mafioso. Ma, come tutti sappiamo, la corte, in primo grado, lo ha condannato a 10 anni ed 8 mesi di reclusione con una serie infinita di pene accessorie altrettanto gravi e pesanti. Il processo di secondo grado è iniziato l'11 ottobre del 2010 e dopo altre sei udienze, si è concluso il 21 febbraio u.s., alle ore 20, 35 con l'assoluzione ricorrendo alla formula “perché il fatto non sussiste e ne ordina l'immediata scarcerazione”.
Tutti quelli che abbiamo a cuore le sorti del professore abbiamo gioito, l'opinione pubblica invece è rimasta perplessa non comprendendo come mai due Corti dello stesso palazzo di Giustizia possano avere emesso due sentenze così discordanti. La risposta a tali interrogativi l'aveva già data a suo tempo B. Brecht quando ha raccontato la storia del mugnaio di Posdam che si era battuto con tutte le sue forze per evitare l'esproprio del suo mulino arrivando al cospetto del re di Prussia Federico il grande e, dopo avere esposto il suo caso, esclamato: “Ci sarà pure un giudice a Berlino, disposto a darmi
giustizia!” ed ottenendola dal sovrano per la sua perseveranza. Il prof. Giovanni Mercadante si è sempre proclamato innocente, malgrado il massacro a cui è stato sottoposto: mediatico, dei secondini, della pubblica accusa e dei suoi detrattori. La vita sua e della sua famiglia è stata rivoltata come un calzino, la situazione finanziaria sua e della famiglia passata ai raggi X, le vicende personali e familiari date in pasto ai mass media, gli affetti, i quarant'anni di matrimonio messi sotto la lente di ingrandimento, trattato in carcere come un comune delinquente, non informato per tempo quando il figlio piccolo rischiò la vita ritrovandosi in coma, trattato senza riguardo alcuno, umiliato e deriso, offeso nella sua dignità di uomo, padre e medico esemplare, distrutto moralmente, fisicamente e finanziariamente, portandolo a rischio suicidio per non potere sopportare, da innocente, accuse così infamanti. Ma perché è stato assolto? Semplicemente perché tutte queste accuse, demolite una
per una dai fatti, dai documenti e dai testimoni in aula, sono state tenute nella giusta considerazione dalla Corte di Appello che ha dato alle accuse il loro giusto valore, cioè che erano solo indizi non suffragati da uno straccio di prove, documenti, testimoni, o registrazioni in cui era registrata la voce del professore. La grande fortuna del dottor Mercadante è stata quella di avere trovato dei giudici coscienziosi che hanno letto le carte, ascoltato gli avvocati, verificato il riscontro tra gli indizi e le prove ed emesso una sentenza “GIUSTA”. Sono convinto inoltre che la Corte di Cassazione confermerà questa sentenza anche se io personalmente sarei felice se l'assoluzione avvenisse con formula piena “per non avere commesso il fatto”.
In Fede Leo Grillo